(ANSA) - GIBELLINA, 15 GEN - Il suo laboratorio-garage è in
una delle villette a schiera della nuova Gibellina, case basse
che si affacciano su grandi strade in un paese silenzioso che
oggi celebra i 55 anni dal terremoto del Belìce. Carlo La
Monica, 75 anni, ferroviere in pensione, apre la saracinesca per
mostrare l'ultima sua opera che sarà pronta tra qualche
settimana: un plastico su scala 1:100 dell'antico centro di
Gibellina nato grazie a un intervento di democrazia partecipata.
"È la riproduzione esatta di quello che era la 'mia' Gibellina -
racconta all'ANSA Carlo La Monica - con tutte le vie, le case, i
palazzi, le chiese, i cortili e finanche i dislivelli dei
terreni, realizzati col polistirene e legno".
L'opera, con 400 immobili ricostruiti, è la prima nel suo
genere che viene realizzata ed è nata dopo tanti anni di studio
e raccolta di documenti. Nei decenni La Monica ha recuperato
foto, cartografie, tutto ciò che ritraeva l'antico paese di
Gibellina prima che il terremoto lo buttasse a terra. "Recuperai
finanche una mappa delle fognature di Gibellina del 1923,
c'erano segnate le quote e nella ricostruzione del plastico
queste mi sono servite".
Il paese vecchio oggi non c'è più perché coperto dal Cretto di
Burri. Sotto le casseformi di cemento bianco sono custoditi i
ruderi dell'antica città. In quel centro abitato, che contava 7
mila abitanti, Carlo La Monica è nato e cresciuto.
"Sin da piccolo frequentavo la bottega del fabbro Raffaele
Andrea - racconta - e lì ho imparato a lavorare il ferro. Ma,
allo stesso tempo, ero incuriosito da palazzi antichi e chiese.
Ricordo che di fronte la bottega c'era la chiesa del Carmine e
chiesi al parroco informazioni sulla storia". La famiglia, i
giochi, gli amici. Su e giù per le vie dell'antica Gibellina e i
quartieri che oggi Carlo La Monica ha ridisegnato puntualmente
nel plastico: Santa Caterina, li cannola, lu chianu di la
chiesa, santa Nicola, piazza Sant'Eligio.
Il terremoto del 1968 ha distrutto tutto, gli immobili e la
speranza. "Il 15 gennaio di quell'anno ero militare a Orvieto -
racconta Carlo La Monica - e venni a conoscenza del sisma
tramite la radio. Tornai in Sicilia dopo due giorni di viaggio e
a Palermo mi comunicarono che la mia famiglia stava bene e si
trovava presso la tendopoli di Castelvetrano. La raggiunsi e fu
davvero un momento emozionante poter riabbracciare i miei
genitori e i miei fratelli che erano rimasti vivi". Solo dopo 4
giorni Carlo La Monica col padre raggiunsero in vespa i ruderi
di Gibellina: "Vedere il paese che non c'era più fu spettrale -
racconta - scorgevo tra i ruderi cercando le piccole cose che
potessero alimentare la memoria".
Dopo 55 anni per Carlo La Monica i ricordi del sisma non sono
andati via, "perché quando vivi un terremoto è come se ti
morisse un fratello, quindi non lo dimenticherai mai più".
L'arte è stata la via del riscatto, personale e del suo paese.
Il diploma presso l'Istituto d'arte di Mazara del Vallo e poi la
passione per modellare ferro, tufo, marmo, legno. È stato
l'allora sindaco Ludovico Corrao a presentarlo come eclettico
fabbro ad Arnaldo Pomodoro, Pietro Consagra, Mimmo Paladino,
Joseph Beuys. E non sbagliò Corrao: tutti i maestri passarono
dal suo garage-laboratorio facendogli vedere bozzetti e disegni
che Carlo La Monica ha realizzato in opere d'arte contemporanea:
l'Aratro di Pomodoro, la scultura 'Tensioni' di Salvatore
Messina, le 'Frecce' di Emilio Isgrò (al MAC), il cavallo di
rame di Paladino, la 'Città di Tebe' di Consagra. Ora, a 55 anni
dal sisma, donerà una sua opera al Comune. Un segno di memoria
svelando l'antico centro di Gibellina che oggi mai nessuno potrà
più rivedere. (ANSA).
Belìce, fabbro artista realizza primo plastico di Gibellina
Carlo La Monica ha lavorato con Pomodoro, Consagra e Paladino
