"Ora et labora", rinasce la nuova casa dei monaci di Norcia
Prosegue ricostruzione convento. Una giornata con i benedettini

(di Gianluigi Basilietti)
(ANSA) - NORCIA (PERUGIA), 21 GEN - "Ora et labora",
predicava San Benedetto. Quasi 1.500 anni dopo la sua morte, le
giornate dei monaci benedettini di Norcia sono ancora scandite
dalla preghiera e dal lavoro che sta per tradursi anche nella
costruzione di un nuovo monastero.
La comunità religiosa guidata da padre Benedetto Nivakoff,
dopo i terremoti del 2016, si è spostata sulla collina di San
Benedetto in Monte, che domina la piana di Santa Scolastica.
Qui, da un paio di anni, sono iniziati i lavori di ricostruzione
di un antico convento cappuccino che sarà destinato a diventare
la casa dei monaci per i prossimi secoli. Il priore ha aperto
all'ANSA le porte del cantiere, ma anche quelle dei locali dove
si tengono la preghiera e il pranzo dell'intera comunità. La
giornata con i monaci di San Benedetto inizia proprio dalla
visita alla nuova costruzione. "Con l'aiuto di Dio e di tanti
che ci sostengono - spiega padre Nivakoff - siamo arrivati quasi
a completare il piano terra e le taverne sotterranee, presto
inizieremo a realizzare il piano superiore che sarà destinato
alle stanze. L'intero complesso - sottolinea il priore - poggia
su isolatori sismici per garantire la massima sicurezza".
La neve e il maltempo in generale, hanno suggerito per il
momento di fermare i lavori del cantiere, ma non quelli dei 20
monaci oggi presenti a Norcia. Alcuni sono impegnati nella
costruzione di un muro di cinta a ridosso della struttura
temporanea in cui momentaneamente la comunità vive, altri
intanto accudiscono gli animali. Da qualche mese in monastero
sono arrivate anche una dozzina di capre, "ognuna porta il nome
di una regione italiana", racconta il priore.
Il tempo, quassù, alle pendici dei monti Sibillini, è
scandito da una meridiana fissata in giardino. Sono circa le 14
e 20 quando suona la campana: "E' l'ora della preghiera",
annuncia padre Nivakoff. Tutti si ritrovano nella chiesetta di
Santa Maria della Misericordia, di fatto l'unica che ha
resistito al sisma e che è stata già completamente restaurata
dagli stessi benedettini. I monaci cantano l'Ufficio Divino in
latino, pregando per la Chiesa e per il mondo. E' uno dei
momenti più intensi e suggestivi della loro giornata. "In questi
2 anni di pandemia - dice il priore - abbiamo pregato molto per
tutti gli abitanti del Pianeta. Quello che abbiamo vissuto e che
stiamo vivendo è un periodo molto complesso e difficile".
Sono ormai le 15, la preghiera è giunta al termine ed ora per
i monaci è tempo di mettersi a tavola. "In questo periodo
dell'anno - racconta padre Benedetto - facciamo un solo pasto al
giorno e quindi preferiamo mangiare un po' più tardi". Padre
Martino serve pasta con il pesto, uova strapazzate con cipolla,
patate arrosto, formaggio e insalata. Sul tavolo non mancano
acqua e vino. Prima di sedersi e alla fine del pasto c'è un
momento di ringraziamento al Signore. Ma a dominare il pranzo è
l'assoluto silenzio, spezzato solo dalla lettura, di uno dei
monaci, della Regola di San Benedetto e di alcuni passi del
Vangelo.
Una volta finito il pranzo i religiosi tornano alle loro
attività in attesa che arrivi la sera. Ma c'è ancora il tempo,
per il priore, di dedicare un pensiero a un'altra ricostruzione,
quella della Basilica di San Benedetto. "L'avvio dei lavori -
spiega - rappresenta un segno di speranza". Sull'ipotesi di un
loro ritorno in Basilica, dice che i nursini e i tanti
visitatori "troveranno sicuramente la nostra presenza, nel senso
che il nostro cuore sta sempre nella Basilica". (ANSA).
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